Molte volte il parlare di amianto è destinato solo a chi è della materia oppure a chi è costretto a
intervenire per via di un esposto o di un’attività di manutenzione e ristrutturazione. Spesso, infatti,
si preferisce cambiare discorso o non affrontarlo affatto. Ma il problema amianto è reale e riguarda tutti.
La Legge di divieto del 1992 non ha sepolto il problema. Purtroppo l’amianto utilizzato negli anni
è ancora in opera ed è moltissimo, considerando il largo impiego che se ne è fatto per via delle sue proprietà (ignifugo, fonoassorbente, resistenza elettrica, resistenza al calore, resistenza agli
attacchi di abbressivi chimici, flessibilità, filabilità) e del basso costo di produzione. Si contano oltre 3000 prodotti, con maggior impiego nel settore edile, industriale e dei trasporti.
Non bisogna dimenticare che anche una sola fibra di amianto se inalata può comportare un rischio per la salute, anche per chi abita in prossimità o frequenta luoghi in cui è presente
amianto. L’inalazione, infatti, può favorire l’insorgere di patologie, in genere caratterizzate da un lungo periodo di latenza, ossia da un lungo intervallo di tempo tra l’inizio dell’esposizione e la comparsa della malattia. Le patologie amianto-correlate sono diverse: asbestosi, placche pleuriche, mesoteliomi, tumori del polmone o di altri organi. La discriminante per comprendere se sussista una reale situazione di pericolo è valutare lo stato di conservazione del materiale in amianto e monitorarlo nel tempo. È il caso di ricordare che la Legge ad oggi non obbliga alla rimozione dell’amianto, almeno che risulti in cattive condizioni, ma alla valutazione del rischio con successivo controllo periodico, realizzati da tecnici con maturata esperienza nel rispetto di specifici parametri normativi. L’assenza di un obbligo di rimozione di fronte a un materiale di amianto in buone condizioni è dovuto al fatto che la pericolosità è strettamente connessa alla liberazione di fibre nell’aria. Un manufatto contenente amianto è tanto più pericoloso quanto più è friabile. In altre parole, l’amianto è pericoloso solo quando le fibre di cui è composto vengono inalate e la pericolosità aumenta se il manufatto non è in buono stato o è danneggiato. Un materiale contenente amianto, in buone condizioni, che non è manomesso, rilascia poche fibre; al contrario le fibre di amianto possono liberarsi in maggior numero quando il materiale viene manomesso. Quindi la pericolosità dell’amianto è legata a due fattori principali: possibilità di disperdere le fibre nell’aria e friabilità del materiale. Per comprendere il grado di rischio e il flusso di gestione dell’amianto risulta fondamentale la distinzione tra materiali in amianto compatto e
materiali in amianto friabile. I materiali friabili sono quelli che possono essere facilmente
sbriciolati o ridotti in polvere con la semplice pressione manuale. I materiali compatti, al contrario, sono quelli che possono essere sbriciolati o ridotti in polvere soltanto con l’impiego di attrezzi meccanici (frese, trapani ecc.).
Nonostante il grado di rischio sia maggiore per i materiali friabili rispetto a quelli compatti, realmente non esiste una soglia sotto la quale il rischio sia assente: anche un’esposizione breve può determinare una patologia asbesto-correlata.
Per questo motivo la normativa obbliga a una serie di attività “preventive” mirate a valutare e monitorare lo stato di conservazione del materiale. Bisogna tener conto che i manufatti ormai sono in opera da tantissimi anni e iniziano ad essere vetusti. Molti, tra l’altro, sono sottoposti a continue sollecitazioni esterne: l’esposizione costante agli agenti atmosferici oppure la possibilità che vengano danneggiati nel corso di opere di manutenzione svolte anche in prossimità delle aree in cui sono ubicati. Pertanto, è necessario tenerli sotto controllo, evitare che vengano danneggiati e intervenire se e quando necessario.